Non è un pomeriggio come tanti, non capita mai che io abbia il tempo di leggere qualcosa. Cerco nella mia libreria e mi rendo conto che non ho voglia di interpretare parole messe una di fianco all’altra. È così che il prescelto è un libro sottile dal bordo nero. La copertina mi lascia subito senza fiato, anche qui devo chiarire alla mia mente il significato di quello che vedo. Due donne dai tratti spigolosi e dagli occhi cadenti. Sono nude e non si guardano, fisicamente sembrano uguali, capelli neri e lunghi accasciate in modo astratto su un telo color porpora. Prostitute, mi dico, chi conosce lui sa della sua ossessione per le ragazze da bordello. Sfogliando vedo corpi scheletrici svestiti, uomini e donne privati di ogni velo fisico e intellettuale, perché si sa l’espressione degli occhi racconta ciò che sei.
Giro le pagine e mi rendo conto che non ho nessuno con cui parlare di te e di quello che sei stato per me. Dita affusolate, visi squadrati e corpi ossuti. Uno a uno passo in rassegna la sostanza dei tuoi dipinti. C’è rabbia nel tuo tratto, solitudine e realtà. Quello che più mi colpisce sono il susseguirsi di immagini di abbracci. Mi alzo e accendo il bollitore cercando di capire perché per te fosse così importante un gesto che ora è trascurato, sottovalutato. A pensarci non so proprio quando è stata l’ultima volta in cui ho abbracciato seriamente qualcuno, stretto così forte da sentirmi cedere le gambe. C’è una sensazione che ti spiazza durante quel contatto fisico ed è quella percezione che tutto in quel momento è perfetto. Quante volte succede in una vita? Di solito si bacia sulle guance mettendo una mano sulla spalla o ci si stringe la mano. Quante volte in una vita si può sprofondare in un abbraccio con tutto il corpo e con tutta la l’incertezza della mente?
Ti invidio Egon perché hai saputo racchiudere nei tuoi disegni la pienezza di una stretta, quell’allacciare due corpi che altrimenti non si prenderebbero mai.
Adesso posso chiuderti, alla prossima volta, a quando ancora vorrò ricordarmi di quella sensazione di sicurezza, di amore, di debolezza che ormai non sento più.