Generazioni

La mia generazione perduta si divide in due tipi di persone.
Le prime, università finita in tempo, lavoro serio da almeno otto anni, per otto ore al giorno, di cui la metà passate sul telefono. Matrimonio, figli, battesimi, macchina lavata al sabato mattina, gita della domenica, ferie in agosto, mare o montagna? La pizza nel week end, o il ristorante per le feste di compleanno, la signora delle pulizie, il corso di yoga, la partita di calcetto, il pranzo dai suoceri che ti stanno sul cazzo, ma che importa, si può fare. Dormono otto ore e la mattina fanno colazione col caffè. Credo che il loro segreto sia il numero otto, tondo, perfetto e infinito.
Poi ci sono gli altri, università mai finita, idee su idee che si accavallano in un cervello troppo complicato. Lavori stagionali a volte mensili, stipendi in ritenuta d’acconto, pantaloni non stirati, t-shirt bucata, stanze in disordine, automobili vecchie di tre generazioni, sabato sera film a casa o concerto in uno di quei locali non proprio di moda. Se capita pizza sul cartone, il telefono lo dimenticano gran parte delle volte, leggono, scrivono o disegnano anche se non sempre lo sanno fare. Si arrampicano a sogni convinti di farcela. Dormono poco si svegliano di soprassalto con l’ansia che preme sul petto. A volte uno xanax a volte basta il sole.
Faccio parte di una delle due categorie, ma invidio da morire l’altra. Eppure tutti abbiamo corso con un palloncino in mano, poi qualcosa è cambiato.